Ascolto attivo: il successo nelle conversazioni sui social
Quando si affronta il tema dell’ascolto attivo, la prima domanda da porsi, in fin dei conti è: siamo pronti a tessere conversazioni?
Quando pongo questa domanda ai miei studenti del corso di Social Media Manager, la risposta unanime è Si. Nella vita quotidiana in effetti siamo abituati a tessere conversazioni con amici, parenti, conoscenti, colleghi di lavoro.
Tuttavia occorre sapersela cavare nelle conversazioni, non basta saper rispondere ad una domanda. Una conversazione per essere tale deve decollare, deve avere uno svolgimento ed anche una conclusione.
Per aiutare gli studenti a rispondere alla seconda domanda, come ve la cavate nelle conversazioni, li invito a leggere 5 domande guida:
- Parlate sempre ed ascoltate poco?
- Vi distraete facilmente?
- Le opinioni degli altri vi annoiano?
- Riuscite a fare quattro chiacchiere con un ragazzino?
- E soprattutto… avete argomenti per sostenere qualsiasi conversazione?
L’ascolto attivo nella gestione dei social network
Le prime tre domande mettono in luce immediatamente una questione fondamentale: l’ascolto attivo. E’ difficile trovare persone che ammettano di non sapere ascoltare. Ma chi ascolta veramente? Solo chi rimane educatamente in silenzio e lascia parlare l’altro?
L’ascolto è l’atto della comunicazione in cui si ricevono, accumulano e valutano le informazioni degli altri soggetti coinvolti nel processo di comunicazione. Non è un atto passivo, anzi, proprio il contrario: è un’azione intenzionale. Per ascoltare veramente, si deve voler ascoltare.
La quarta domanda, che ritengo la vera domanda trabocchetto, riguarda un altro principio dell’ascolto attivo: la sospensione del giudizio di valore.
Sospendere i giudizi di valore, vuol dire cercare di non classificare l’interlocutore o quanto egli dice, resistere alla tentazione di riportare tutte le argomentazioni in categorie note e codificate.
Chi meglio di un ragazzino, rappresenta agli occhi di un adulto una categoria nota e codificata? Il mondo degli adolescenti è quello nel quale, sistematicamente, gli adulti riversano tutto il loro mondo di pregiudizi, spesso sostenuti da numerosi aneddoti personali.
Nella relazione con il più giovane, l’adulto trova difficoltà a mettersi nei panni dell’altro, a dimostrare empatia. Anzi l’empatia viene sostituita dall’antipatia, il fastidio, l’intolleranza.
Eppure chi opera nel contesto dei social network oggi, sa bene deve fare i conti prima o poi, con la presenza sempre più importante dal punto di vista numerico degli “under”.
“Il ragazzino” quindi non è solo la metafora del “cliente difficile” ma è anche la baseline della popolazione attiva sui social media.
La centralità dell’engagement
L’ultima domanda, invece, ha la funzione di portare gli studenti a riflettere su una caratteristica importante della buona comunicazione: il suo essere un metodo, una pratica libera dal qui ed ora, e non una “dote” del comunicatore.
Cosa accade nella realtà quotidiana? Prendiamo parte attivamente alle conversazioni che ci interessano, mentre lasciamo cadere gli argomenti che non interessano. I più educati tra noi, provano a non offendere l’altro dando risposte di circostanza ad un interlocutore che ci annoia o peggio ci infastidisce. In questo secondo caso, la conversazione si fa breve, priva di significato e poi si spegne.
Quello che spiego agli studenti è che tutto questo è in relazione ad una sola parola che diverrà il centro delle loro conversazioni nei social: Engagement.
“Il termine Engagement, nell’ambito specifico dei social media, viene molto spesso riferito al grado di coinvolgimento che un determinato contenuto suscita negli utenti.”
Prima di addentrarci nei tecnicismi dell’engagement rate, l’esercizio che facciamo è provare a sviluppare una conversazione interessante. Su cosa? Su quello che troviamo nei topic trend di Twitter, commentando i video hot di Youtube, leggendo l’ultimo post di un Instagram influencer o aprendo semplicemente un quotidiano nazionale.
E’ raro trovare persone che non abbiano un’opinione sui temi che troviamo in rete, ma è altrettanto difficile riuscire a sviluppare una conversazione che rispetti i 5 principi che derivano dalle domande guida:
- Ascoltare attivamente
- Prestare attenzione all’altro
- Non giudicare
- Evitare di classificare
- Argomentare
La sfida formativa è dunque questa: riuscire a tessere conversazioni coinvolgenti in un contesto, quello dei social network, dove non è sempre il Social Media Manager a definire l’agenda del giorno, ma sono gli utenti stessi a farla.
Quanto sia rilevante il tema dell’engagement sui social media per un social media manager, è ben sintetizzato nell’immagine sottostante.
Source https://www.crazyegg.com/blog/keeping-you-from-building-twitter/
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